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Attiviamo la Aree Contigue e diamo ai parchi i poteri di regolamentazione

Il presidente di Federparchi interviene su GreenReport sul tema delle aree contigue e su ciò che sta accadendo ai confini del PNALM, il testo e il Link all'articolo

( 27 Ottobre 2020 )

Il WWF ha lanciato un allarme per la progettata riduzione delle aree contigue del Parco nazionale Abruzzo Lazio e Molise, preoccupandosi dell’influenza che questo può avere sulla salvaguardia dell’orso marsicano. È una preoccupazione che comprendo e condivido, ma bisognerebbe domandarsi perché questo avviene.

Per prima cosa è bene spiegare, anche ai non addetti ai lavori, cosa sono le aree contigue. Si tratta di porzioni di territorio esterne alle aree protette, ma che con esse hanno una relazione, creando una sorta di area “cuscinetto” con il resto del territorio. È un po’ il concetto internazionale di “buffer zone” o, se vogliamo, di “pre-parco”.

La differenza sostanziale è che in Italia, a differenza che in altri paesi, le regole in dette aree, anziché essere stabilite dalle aree protette stesse, lo sono da parte di un altro soggetto:  le regioni.

Non è l’unica differenza con la concezione internazionale di “Buffer zone”, ma per meglio spiegare questo concetto entriamo nel dettaglio.

Le aree contigue in Italia sono definite dall’articolo 32 della legge quadro sulle aree protette, la 394/91, che, per prima cosa stabilisce che le stesse sono perimetrate dalle regioni, d’intesa con gli organismi di gestione delle aree protette.  Sempre alle regioni, d’intesa con le aree protette, viene demandata la predisposizione di “…eventuali misure di disciplina della caccia, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell’ambiente…”.  L’articolo inoltre stabilisce anche che tale attività “…è riservata ai soli residenti dei comuni dell’area naturale protetta e dell’area contigua…”.

Questo è il punto centrale per capire quello che sta avvenendo al PN Abruzzo Lazio e Molise e che è già avvenuto in altre zone d’Italia.

Per prima cosa è bene inquadrare il contesto nel quale è stata approvata la legge 394/91 con il citato articolo 32. Quasi trent’anni fa in Italia i cacciatori erano molto più abbandonanti di quanto non lo siano oggi (circa 4 volte), ma soprattutto la caccia era regolamentata da una legge, la 968 del 1977, che di li a pochi mesi sarebbe stata abrogata e sostituita dalla L 157/92.

Le differenze sostanziali tra le 2 leggi sono numerose, ma quella più importante relativamente al ragionamento sulle aree contigue è che in base alla 968/77 un cacciatore poteva cacciare liberamente su tutto il territorio nazionale, mentre con la 157 vennero istituiti gli ambiti territoriali di caccia (ATC) che di fatto legarono i cacciatori a determinati territori.

In buona sostanza il concetto di residenza anagrafica è stato sostituito da quello di “residenza venatoria” ed ogni ATC ha avuto un numero massimo di cacciatori che vi potevano accedere in dipendenza dalle superficie dello stesso. Per effetto di questa norma, nei primi anni di attuazione della 157/92, quando il numero complessivo dei cacciatori era ben più elevato rispetto a oggi, erano molti gli ATC che risultavano “saturi” cioè che raggiungevano il numero massimo ammissibile.

Di fatto nel 1991, anno di applicazione della 394 il limitare l’accesso alle aree contigue ai soli cacciatori residenti anagraficamente aveva un senso, era un metodo un po' rozzo per contenere la pressione venatoria nelle aree contigue in un contesto completamente diverso dall’attuale.

Ciò premesso perché il mondo venatorio è sempre stato ostile all’istituzione delle aree contigue? Proprio per la limitazione ai soli residenti che di fatto erano pochi. Invece visto dalla parte delle aree protette non conta quanti cacciatori possono accedere ad un’area contigua, ma quanti ce ne possono accedere ogni giorno.

Per fare un esempio concreto e per capire cosa sta succedendo nel PNALM è bene ricordare cosa è successo in Liguria. Una decina di anni fa esistevano 9434 ettari di aree contigue intorno ai parchi regionali dell’Antola, di Portofino dell’Aveto. La regione aveva stabilito con una propria norma la possibilità di accesso a tutti i cacciatori, non solo ai residenti, alle aree contigue della Liguria. Il provvedimento era stato impugnato presso il TAR che aveva trasferito tutto alla corte costituzionale che con sentenza 315 del 3/11/2010 lo ha annullato, oserei dire, ovviamente.

Alcune associazioni ambientaliste (WWF, LIPU, ENPA) esultarono per la sentenza, ma quale è stato il risultato a distanza di 10 anni? Che la regione Liguria ha eliminato tutte le aree contigue, 9400 ettari sottratti ad una regolamentazione coerente con le aree protette.

Oggi sta accadendo esattamente la stessa cosa al PNALM.  Qualche anno fa quando si discuteva di modifica della 394 era stato approvato in prima lettura al Senato un emendamento che di fatto modificava la gestione delle aree contigue, dando la competenza completa della regolamentazione ai parchi, invece che alle regioni, anche per l’attività venatoria. L’altra modifica, sostanziale era che si sostituiva il concetto di residenza anagrafica con quello di residenza venatoria. Fosse passata questa modifica normativa i parchi avrebbero potuto regolamentare tutto nelle aree contigue, compresa l’attività venatoria:  quanti cacciatori potevano accedere ogni giorno, in quali periodi e per svolgere quale tipo di caccia. Anche in quel caso alcune associazioni ambientaliste comprese WWF e LIPU si dichiararono fortemente contrarie alla modifica, per difendere il principio dei cacciatori residenti.

Il risultato è che, non solo non vengono istituite nuove aree contigue, che non servirebbero solo per regolare la caccia, ma che vengono eliminate quelle esistenti, come è successo in Liguria e sta avvenendo nel Lazio. Non è un caso che su 24 parchi nazionali italiani solo 2 abbiano un’area contigua. Spero che alla prossima occasione venga riproposta la modifica normativa che ho citato e che le associazioni ambientaliste esaminando in modo razionale i fatti contribuiscano a far si che i parchi abbiano la possibilità di regolamentare le aree contigue.

Giampiero Sammuri

presidente Federparchi

 Link all'articolo su Greenreport

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