Le aree naturali protette protagoniste dell’Agenda 2030 per la sostenibilità e la tutela degli ecosistemi, questo il fulcro del X Congresso della Federparchi che si è aperto oggi a Roma, presso lo Spazio Eventi di via Palermo 12.
Cinque le parole chiave del Congresso dei Parchi: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership quali indicatori della stretta relazione che esiste tra la tutela della biodiversità e lo sviluppo delle comunità territoriali e, soprattutto, la capacità delle aree protette di essere modelli di riferimento per uno sviluppo sostenibile che salvaguardi gli habitat e contribuisca alla mitigazione e all’adattamento dei cambiamenti climatici.
Nella relazione introduttiva il presidente uscente della Federparchi, Giampiero Sammuri, ha ribadito l’importanza della tutela delle biodiversità sia animale che vegetale per la sopravvivenza della razza umana e, in tale prospettiva, la funzione che svolgono le aree naturali protette, che in Italia ricoprono complessivamente il 22% del territorio e il 16% della superficie marina.
Sammuri ha richiamato le recenti decisioni assunte alla Cop15 di Montreal con le indicazioni al 2030 e al 2050 in tema di tutela della natura e degli ecosistemi. Di particolare rilievo è infatti l’obiettivo di portare al 30% le aree naturali protette in tutto il mondo, sia a terra che a mare. Allo stesso modo è di rilevante importanza l’impegno internazionale sancito in Canada affinché venga interrotto e portato al 10% il tasso di specie minacciate.
Gli obiettivi mondiali sono già parte integrante della Strategia Europea per la Biodiversità al 2030, che contempla impegni precisi per aumentare le superficie protette nei paesi della UE. A tal proposito Sammuri ha ricordato come, in Italia, tale obiettivo è a portata di mano, almeno per le aree protette a terra. “Basterebbe iniziare dai parchi già pronti che aspettano solo in via libera definitivo, come quelli di Portofino e del Matese, oppure quello della Val Grande, dove tutti i comuni chiedono l’allargamento.”
Il presidente uscente di Federparchi ha sottolineato l’importanza dello strumento delle Liste Rosse della IUCN, “strumento scientifico rigoroso che dovrebbe guidare le politiche di conservazione – ha affermato – La priorità nella salvaguardia delle specie viene dal suo livello di minaccia, se una specie è meno minacciata, come nel caso del lupo, va sempre protetta ma è giusto concentrare gli sforzi su quelle a maggior rischio estinzione, anche se magari si tratta di specie meno simpatiche e accattivanti, come nel caso degli insetti. Serve più scienza e meno emotività.”
Giampiero Sammuri si è soffermato a lungo sui parchi come modelli di sviluppo sostenibile, ricordando come, dopo la pandemia, sia di nuovo cresciuta la presenza turistica nelle aree protette. A tal proposito il presidente ha rimarcato l’importanza della Carta Europea del Turismo Sostenibile come strumento operativo per una gestione dei flussi all’insegna della sostenibilità e del rispetto pe la natura nonché delle esigenze delle comunità territoriali.
La relazione si è poi spostata sugli aspetti politico istituzionali che riguardano la gestione dei parchi. Sammuri ha ricordato i troppi e frequenti vuoti che si creano nelle governance, “quando gli enti restano senza vertici o con organismi monchi, ne risente l’efficacia di gestione, occorrono meccanismo rapidi e puntuali per le nomine degli organismi.” Così come, ha aggiunto, “occorre rivedere l’impostazione amministrativa per una buona gestione dei bilanci, per una ottimizzazione dell’uso del personale, dove si registra una carenza di professionisti e specializzati”.
Si è soffermato, inoltre, su una delle principali criticità degli enti parco: la mancata connessione fra parchi nazionali e quelli regionali. “I due soggetti sino ad oggi si ignorano dal punto di vista istituzionale – ha affermato - ma la natura non conosce i confini e differenze amministrative; è urgente riattivare il piano triennale per le aree protette previsto dalla legge 394 che consente coinvolge anche le regioni”
Sammuri ha citato anche il PNRR invitando il governo ad evitare distribuzioni a “pioggia” o a “scatola chiusa” dei fondi: “è necessario condividere le scelte – anche per le attrezzature e le tecnologie - con gli enti gestori per evitare sprechi.”